Come molti di voi sapranno il 25 novembre si è festeggiata la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne e tantissimi italiani ed Italiane, compresi i Mass Media a tutti i livelli, hanno aderito anche quest’anno all'iniziativa facendosi carico del fenomeno del femminicidio.
Non passa giorno che telegiornali, giornali, social media, non riportino casi di abusi subiti dalle donne a tutti i livelli, sia fisici che psicologici da parte di uomini (o presunti tali visto che questo comportamento è più da bestie che da esseri umani).
Di contro, però, viene da chiedersi se questa amplificazione del fenomeno della violenza sulle donne e del femminicidio (inteso come omicidio) non sia spropositata e voluta.
C’è un nuovo termine che anche mio nonno, che segue i telegiornali indubbiamente molto più di me, ha imparato ad usare: femminicidio.
Per femminicidio si intende:
Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l'identità attraverso l'assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte.
Quindi, questo nuovo termine diventato ormai di uso comune, non dovrebbe essere solo utilizzato quando c’è effettivamente la morte fisica di una donna o di una ragazza ma anche in caso di “violenza psicologica” ed anche se ciò avviene temporaneamente.
Bene.
Su tutti i Mass Media questo fenomeno viene amplificato a dismisura in Italia, tanto da farci credere che sia in costante aumento.
Sempre di più questa convinzione viene strumentalizzata per meri fini ideologici.
Lo scopo, a mio modesto parere, è dimostrare a piene mani che
"l'assassino ti dorme accanto" (slogan utilizzato in molte campagne)
e continuare a dare addosso alla famiglia come istituzione allo scopo di denigrarla.
Questo, quindi, riguarda direttamente single, futuri padri single e future madri single.
Ne è dimostrazione il fatto che dagli anni '90, in Italia, il numero di vittime femminili della violenza è disceso costantemente ed ogni anno rappresenta un record a scendere rispetto a quello precedente.
Ancora il numero di decessi a causa di violenza alle donne subita da parte degli uomini, ad oggi, stando agli ultimi dati, si attesta a 120 casi circa all'anno.
In Italia ci sono 25 milioni di donne più o meno (in età compresa tra 15-60 anni).
Sapete qual è la percentuale di rapporto tra casi conclamati di violenza che porta alla morte fisica (ultimo step del femminicidio) e numero di donne presente nel nostro paese?
Due, tre, quattro per cento?
No! 0.00048%!
Quanto è lontano questo dato rispetto ai dati che ogni giorno ci mostrano?
Occorreva davvero coniare un nuovo termine o bastava quello che già avevamo ovvero omicidio?
Probabilmente parlare di fenomeno di violenza sulle donne ha senso se si prende in esame ciò che avviene nel mondo ma non ha davvero senso parlarne in Italia!
Quelli che vengono sciolinati (ed utilizzati ancora oggi dai più), per avvalorare la tesi della violenza sulle donne, sono dati raccolti dell'IS.T.A.T. nel 2006.
Mai, però, ho sentito parlare in questi ultimi anni di violenza perpetuata sugli uomini da parte delle donne e, probabilmente, è ora di iniziare a mettere sulle “i”.
Se si crede realmente possibile che un uomo possa commettere atti di violenza contro una donna, sembra impossibile che una donna possa ricambiare la cortesia, per via di stereotipi e congetture… invece è proprio così: Marte e Venere si alternano nei ruoli in questo gioco al massacro che non porta da nessuna parte.
Uno studio condotto dall'Università di Siena su un campione di uomini dai 18 anni ai 70, utilizzando la stessa metodologia dell'I.S.T.AT. nel 2006 per determinare cosa accade nel mondo femminile in tema di violenza, 6 anni dopo (quindi nel 2012), fa emergere un quadro da brivido per il maschio italiano: sono 5 milioni gli uomini che, in Italia, che subiscono una forma di violenza da parte di una donna ogni anno (contro i 6 milioni di donne dichiarati).
L'Università di Siena, nel 2011, non si è fermata a stabilire solo il numero complessivo, ma, proprio come ha fatto l’I.S.T.AT. anni prima, ha anche elaborato le percentuali del tipo di violenza subita dagli uomini e perpetuata dalle donne.
Ecco alcuni esempi:
Le percentuali che davvero invitano a riflettere sono quelli che formano la voce “altre forme di violenza” dell'indagine (15,7%) che si scompongono in:
Per poi arrivare alle forme di violenza preferite dalle donne, quelle psicologiche ed economiche che si esplicano in:
Non poteva mancare in questo elenco dei classici come la:
Se tutto questo non bastasse, nemmeno nelle coppie che non hanno figli ma convivono, l’uomo se la passa bene con:
Quando il rapporto poi finisce scatta un altro tipo di violenza che si esplica in:
Probabilmente sarà un mio difetto, lo ammetto leggo poco i giornali e seguo meno la TV, perché mi piace non farmi condizionare, ma fino ad oggi non ho sentito mai nessuno parlare di “maschicidio” se non in rete e mai su altri mezzi di comunicazione.
L’ago pende sempre dalla parte del “gentil sesso” semplicemente perché questo fa odiens e... c'è da riflettere tanto!
Che il fenomeno del femminicidio (intesso come omicidio di donne) sia più accentuato nessuno qui lo nega.
Nessuno qui nega, difatti, che la differenza tra le due forme di violenza è data dalla bassissima percentuale di atti di violenza (8,4%), perpetuata dalle donne sugli uomini, che possono mettere a rischio l'incolumità personale e portare al decesso di un uomo.
Ma, come abbiamo detto, l’omicidio è solo l’atto finale del femminicidio che si consuma in vari atti.
Non perché il maschicidio non arrivi all'atto finale (omicidio) che questo merita meno considerazione.
La violenza è violenza e, spesso, non si parla mai troppo dei danni psicologi che la vittima, femminile o maschile, riporta: quelli non sono appariscenti come i lividi e i volti tumefatti!
La violenza psicologia, poi, sottolineo, che si traduce in ripicche e frasi ricorrenti, può condurre a gesti inappropriati.
Credo che a nessuna madre, ad esempio, faccia piacere sentirsi dire tutti i giorni
"Ti tolgo i figli"
"Ti tolgo la casa"
"Ti rovino"
ecc.
Per l’uomo è la stessa cosa, con una differenza: una donna è più forte dell’uomo in questo senso per il fatto che la legge Italiana penda quasi sempre a suo favore ed utilizza queste "armi" che l’uomo non ha.
In Italia manca una legge del "divorzio facile" e troppi uomini e donne sono esasperati da una convivenza forzata.
Le forme di violenza che la donna adotta, siano esse psicologiche, economiche o entrambe, sono note ma nessuno ha il coraggio di parlarne pubblicamente e, il “gioco dei Mass Media” è sempre in atto e sempre più forte tanto da far abboccare anche personaggi pubblici.
Lasciando perdere Talk Show, forum e dibattiti televisivi che trovano il tempo che trovano in quanto macchine per far girare le sponsorizzazioni, uno degli esempi più eclatanti è stato quello di una Senatrice della Repubblica per il Partito Democratico Monica Cirinnà che ha affermato
"Uccide più la violenza sulle donne che il cancro."
Slogan ormai vecchiotto visto che, nel 2014 ad esempio, le povere donne morte per cancro (in Italia) sono state 75.000 e quindi 205 al giorno (contro le 200 più o meno in quell'anno morte a causa di violenza subita)!
Che si tratti di violenza maschile o femminile, la violenza va sempre combattuta in ogni sua forma e questo è bipartisan.
Quello che si chiede, però, è essere equi nei giudizi e non amplificare dei messaggi per avvalorale delle tesi: chi ne paga le conseguenze siamo noi tutti in termini di società.
Alla prossima, commentare è partecipare.